“Capire tu non puoi, tu chiamale se vuoi emozioni”. Saluto l’anno che se ne va canticchiando Lucio Battisti (ascolta) e ripensando ai vini che più mi hanno emozionato nel 2009.
Difficile fare una classifica ma ci provo ugualmente!
Spazio ai bianchi…
3° posto: Vitovska 2006, Carso D.O.C., Benjamin Zidarich.
Mineralità di polvere di pietra del Carso e grande struttura.
2° posto: Zuani Vigne 2008, Collio D.O.C., Società Agricola Zuani.
Equilibrio ed eleganza da vendere.
1° posto: “2001”, Beneventano Falanghina I.G.T. 2001 – Fontanavecchia.
Mineralità ben oltre l’invecchiamento.
Evvai coi rossi…
3° posto: Calidonio 2008, Taburno Piedirosso D.O.C., Ocone – Agricola del Monte.
Armonia e capacità di stare a tavola.
2° posto: Riserva “Montestefano” 1999, Barbaresco D.O.C.G., Produttori del Barbaresco.
Potenza dell’eleganza.
1° posto: “Radici” 1968, Taurasi D.O.C., Mastroberardino.
Una storia a parte! Non fosse altro che questa bottiglia risale ancora ai tempi della DOC.
Cin cin! Con l’augurio di nuove esaltanti ed emozionanti bevute per l’anno che verrà!giovedì 31 dicembre 2009
[S]tralci di... 2009
“Capire tu non puoi, tu chiamale se vuoi emozioni”. Saluto l’anno che se ne va canticchiando Lucio Battisti (ascolta) e ripensando ai vini che più mi hanno emozionato nel 2009.
Difficile fare una classifica ma ci provo ugualmente!
Spazio ai bianchi…
3° posto: Vitovska 2006, Carso D.O.C., Benjamin Zidarich.
Mineralità di polvere di pietra del Carso e grande struttura.
2° posto: Zuani Vigne 2008, Collio D.O.C., Società Agricola Zuani.
Equilibrio ed eleganza da vendere.
1° posto: “2001”, Beneventano Falanghina I.G.T. 2001 – Fontanavecchia.
Mineralità ben oltre l’invecchiamento.
Evvai coi rossi…
3° posto: Calidonio 2008, Taburno Piedirosso D.O.C., Ocone – Agricola del Monte.
Armonia e capacità di stare a tavola.
2° posto: Riserva “Montestefano” 1999, Barbaresco D.O.C.G., Produttori del Barbaresco.
Potenza dell’eleganza.
1° posto: “Radici” 1968, Taurasi D.O.C., Mastroberardino.
Una storia a parte! Non fosse altro che questa bottiglia risale ancora ai tempi della DOC.
Cin cin! Con l’augurio di nuove esaltanti ed emozionanti bevute per l’anno che verrà!martedì 29 dicembre 2009
Verticale “Produttori del Barbaresco”
La verticale dello scorso 15 dicembre ha chiuso il 2009 della delegazione ONAV di Milano, regalando – è proprio il caso di dirlo - ai numerosi appassionati e soci presenti un interessante momento di approfondimento sul vino Barbaresco che - come giustamente ricordato ad inizio serata dal delegato provinciale Vito Intini - si è da tempo scrollato di dosso l’etichetta ingenerosa di “fratello minore del Barolo” conquistando, anzi, un ruolo di primo piano sulla scena enologica nazionale ed internazionale.
Una verticale eccezionale tenuto conto che i vini proposti – fatta eccezione per il Barbaresco 2005 (attualmente in vendita) e per il Barbaresco Riserva Montestefano 2005 (in commercio dal febbraio del prossimo anno) - sono già tutti esauriti.
giovedì 24 dicembre 2009
Hernicus 2007, Cesanese del Piglio D.O.C., Coletti Conti
Avevo chiesto ad Antonello (al secolo Anton Maria Coletti Conti) di presentarmi il “Cesanese” e lui mi aveva risposto semplicemente: “È una bestiaccia”! Le ricordo bene quelle parole… e non mi fu difficile intuirne il senso dopo gli assaggi da botte.
mercoledì 23 dicembre 2009
'Nzalata 'e rinforzo
Tipica portata in uso a Napoli durante il cenone della Vigilia di Natale, il pranzo natalizio ed i pranzi di tutte le altre festività natalizie ed affini. Ne scrivo nel tentativo, spero non vano, di sfatare un luogo comune e cioè che tale insalata prenda il nome di ‘nzalata ‘e rinforzo (insalata di/da rinforzo, rafforzo) dal fatto che assottigliandosi a mano a mano che venga servita, possa via via esser rimpolpata aggiungendovi i varî elementi consumati! Idea divertente, ma lontanissima dalla verità…lunedì 21 dicembre 2009
Pannacotta alle pere, salsa al cioccolato e pere caramellate
venerdì 18 dicembre 2009
Barbetta 2007, Barbera Sannio D.O.C., Antica Masseria Venditti
C’è una cosa che apprezzo molto dei vini di Nicola Venditti. O meglio, tre: durevolezza, eleganza e coerenza, al naso come in bocca. Che sono poi pure i segni distintivi delle etichette, tutte riprese dai bei quadri della moglie Lorenza.
Prendete questo "Barbetta", non più di 10000 bottiglie all’anno. Non si fa attendere, appena versato è tutta un'esplosione di profumi che inondano il calice e lì restano a lungo, sempre vivi, anche dopo che il vino se n'è già bello che andato. Si concede schietto, senza timori, regalando al palato le stesse eleganti sfumature di frutta e di fiori percepite all’olfatto. Nicola non ama particolarmente i vini da uve monovitigno e non ha perso occasione per ricordarmelo durante la visita in azienda che mi ero ripromesso di fare con la scusa di dover ritirare la bottiglia nr. 168 dell’edizione 2008 della “Raccolta e Racconti di vino notturno”.Per questo vino, però, è diverso! E non solo perché vi è un’intera pagina sul sito internet dedicata al vitigno (che - per quanto a volte si faccia un po’ confusione – si chiama “barbera” ma è cosa ben diversa dalla più celebre famiglia di natali piemontesi). Porta il nome dell’antenato “Barbetta”; è il simbolo del legame forte con la tradizione contadina e dell’orgoglio di una discendenza familiare cui va il merito di aver contribuito a salvare dal flagello della fillossera negli anni ’30 diverse varietà autoctone (tra le quali - appunto - “barbera”, “grieco di castelvenere” e “cerreta”) che sono tuttora vinificate in azienda e che compaiono tra i filari del “vigneto didattico” nell’ “isola di cultura del vino”.
Negli ultimi mesi l’ho bevuto spesso. Prima a “Le Piccole Vigne”, nell’agosto scorso. Poi a Roma, in ottobre, alla degustazione di "Riserva Grande"; una decina di giorni dopo, a km 0, proprio all'Antica Masseria Venditti. E, infine, nel giorno di Tutti i Santi, sulla tavola di casa con la pasta al forno di mia zia Carolina. E ogni volta con grande soddisfazione!
Un calice pulito. I profumi hanno la stessa impronta briosa del colore violaceo acceso. Prevalgono i ricordi floreali, di gelsomino (dice Nicola), anche di geranio (dico io). Poi, piccoli frutti rossi e amarene; sullo sfondo, una nota erbacea. Un vino pronto, con un anno di affinamento in acciaio sulle spalle, al quale non si chiede certo un lungo invecchiamento. Con un tannino presente, che non è mica quello dell’aglianico di "Marraioli", imbrigliato da una vibrante nota acida, fresco prima ancora che sapido. L’ingresso è relativamente morbido grazie alla nota alcolica che raggiunge i 13 gradi; gusto secco, intenso, con una decisa persistenza che ricalca fedelmente la trama olfattiva.
mercoledì 16 dicembre 2009
Gli "struffoli"
Seconda tappa de "Le Tradizioni del [S]anto Natale". Dal Veneto scendiamo lungo lo Stivale e approdiamo in Campania.
Gli "struffoli" di cui ci parla Anna Longobardi - che ringrazio per aver accettato l'invito! - sono un tipico dolce natalizio del capoluogo partenopeo. Ma queste golose palline sono conosciute un po' in tutta Italia; nel Salento, ad esempio, le chiamano "porcedduzzi" (immagino il perché...).
Gli struffoli sono i dolci più napoletani che ci siano. A pari merito con la sfogliatella e la celebre pastiera, e certo più del babà, di origine polacca.
Chi ha inventato gli struffoli? Pare che nel Golfo di Napoli ce li abbiano portati i Greci, al tempo di Partenope. E dal greco deriverebbe il nome “struffolo”: precisamente dalla parola “strongoulos”, arrotondato. Sempre in greco, la parola “pristòs” significa tagliato. Per assonanza, uno “strongoulos pristòs”, cioè una pallina rotonda tagliata: vale a dire lo struffolo, nella Magna Grecia è diventata “strangolapre(ve)te”: il nome che si dà a degli gnocchetti supercompatti, in grado di “strozzare” gli avidi membri del clero.
In Umbria e in Abruzzo lo struffolo si chiama cicerchiata, perché le palline di pasta fritta legate col miele hanno la forma di cicerchie: legumi che è meglio non mangiare per via dei loro semi velenosi. Gli abitanti della Tuscia, regione intorno a Viterbo, chiamano ancora oggi struffoli quelle frittelle di pasta soffice e leggera che altrove vengono definite “castagnole” e si mangiano a Carnevale. Gli struffoli si trovano pure a Palermo, con qualche piccola ma non sostanziale variante, una delle quali consiste nella perdita di una 'f' (“strufoli”). A Napoli un tempo gli struffoli venivano preparati nei conventi, dalle suore dei vari ordini, e recati in dono a Natale alle famiglie nobili che si erano distinte per atti di carità.
Nella preparazione degli struffoli non esistono elementi accessori. Tutto è importante. Dai canditi ai diavolilli. Nella ricetta degli struffoli trovano posto arancia e cedro candito, ma la parte del leone (come nella pastiera e nella sfogliatella) la fa' la zucca candita: la famosa "cucuzzata". Se non si trova già pronta qui ci sono le istruzioni per farla.
Ingredienti:
- 600 gr. di farina
- 4 uova + 1 tuorlo,
- 2 cucchiai di zucchero
- 80 gr. di burro (una volta si usava lo strutto - 25 gr.)
- 1 bicchierino di limoncello o rum
- scorza di mezzo limone grattugiata
- un pizzico di sale
- olio extra vergine d'oliva (o strutto) per friggere.
Per condire e decorare:martedì 15 dicembre 2009
Tagliata di tonno rosso battuto di pomodorini e rucola con emulsione ai semi di papavero
lunedì 14 dicembre 2009
Verticale di Barbaresco con l'ONAV a Milano
Una bella verticale di Barbaresco della Cantina Sociale dei Produttori del Barbaresco domani sera 15 dicembre, presso la sede della delegazione ONAV di Milano (via Termopili 12).
domenica 13 dicembre 2009
Il Barbaresco dell'azienda Vigin all'Enoteca Vintage
Sarà l'ultima degustazione guidata prima del periodo natalizio all'Enoteca Vintage di Cesano Maderno (via Milano nr. 26). Mercoledì 16 dicembre, una splendida verticale di Barbaresco dell'azienda Vigin di Treiso: 2003-2004-2005-2006.
Appuntamento per le ore 21, costo della serata €12, posti disponibili 10.
Prenotazioni entro sabato 12 dicembre (al raggiungimento delle 10 persone per mercoledì, partiranno le iscrizioni per la serata di martedì 15 che si effettuerà con almeno 6 partecipanti). Happy "Cheese" Hour con l'ONAF a Milano
Un aperitivo (ah! lo sapevate che aperitivo viene dal latino 'aperire', cioè 'aprire'?!) diverso, quello organizzato per il 17 dicembre dalla delegazione ONAF di Milano.
giovedì 10 dicembre 2009
Le nuove annate dei Timorasso de "La Colombera"
Oltre alla carrellata di timorasso, c’erano in degustazione anche i vini rossi prodotti dall’azienda, e più precisamente:
mercoledì 9 dicembre 2009
La "pinza de marantega"
Nonostante il nome apparentemente non commestibile, la "pinza de marantega" è un dolce tipico veneto della tradizione natalizia. Apriamo con questa ricetta di Andrea Fasolo (che ringrazio pure per il contributo decisivo nell'ideazione della rubrica) lo spazio di “Le Tradizioni Regionali del [S]anto Natale” (leggi qui il manifesto).Ma cos’è la "pinza rustega"? È un dolce veneto antichissimo, nel nome si sente la rusticità di un dolce antico e povero, preparato un tempo con farine di più cereali e uva, fichi secchi, mele, semi aromatici: una sorta di antico pane dolce natalizio, preparato anche per la festa conclusiva dell’Epifania. Si cuoceva, infatti, avvolto in foglie di verza e messo sotto le ceneri del focolare. Da qui il nome vicentino di “putana soto’l fogo”: il nome “putana” rimanda comunque alla tradizione vicentina che prevede nell’impasto anche del pane raffermo, "soto'l fogo" proprio perché cotta nella cenere calda dei brugnei, dei panvin, i falò in cui si bruciava la vecia e, da come le faive, le faville salivano in cielo si capiva come sarebbe stato l’anno a venire. Dino Coltro scrive: “Una volta non era che una polenta solida di farina gialla e bianca, broae, unta con brodo di maiale". E difatti Bepi Maffioli prevede, nella sua ricetta, brodo di musetto. Passiamo alla ricetta, suvvia!
"Putana soto'l fogo"
Ingredienti: 250 gr. di farina 250 gr. di farina da polenta 150 gr. di burro 150 gr. di zucchero 100 gr. di uvetta 150 gr. di fichi secchi 30 gr. di noci Semi di finocchio q.b. Lievito q.b. Grappa q.b. Sale q.b. 300 gr. di mele 300 gr. di pere Esecuzione. Cuocere le farine in una casseruola, col sale, il lievito e una quantità d’acqua pari al doppio del peso delle due farine. Togliere dal fuoco e aggiungere il burro, lo zucchero, l’uvetta fatta rinvenire nella grappa, pure da aggiungere, ed il resto degli ingredienti a pezzi. Versare l’impasto in una tortiera imburrata e infarinata per un’ora circa a 170 °C, finché non sia divenuto asciutto. Fare intiepidire prima di sfornare. Un consiglio per il servizio: preparate una composta di mele e grappa, non troppo dolce, e mangiatecela assieme, sorseggiando un vin brulé o un buon... "Le fritole xè come le putele: più se ghe ne fa, più le vien bele".
martedì 8 dicembre 2009
Le tradizioni del [S]anto Natale
E va bene che siamo nel terzo millennio.
E va bene che il mondo è in continua evoluzione, e il gusto pure…
E va bene tutto, ma che spariscano certe tradizioni no!
Dopo l’angosciante spot visto in TV di un dessert che è pure buono ma che - per carità! - non penso proprio sia “il dolce ideale per le Feste di Natale”, ecco “Le Tradizioni Regionali del [S]anto Natale”: uno spazio per conoscere le ricette sotto l’albero, dolci e salate, su e giù per lo Stivale, all’insegna della storia dei sapori tradizionali delle festività natalizie!
lunedì 7 dicembre 2009
"2001", Beneventano I.G.T., Fontanavecchia
giovedì 3 dicembre 2009
Cena-degustazione "percorrendoponte"

mercoledì 2 dicembre 2009
Wok! Zuppetta ai frutti di mare con bruschette (W il mare!)
Ritorna Alessio D'Alberto con una nuova ricetta, credo ispirata dal profumo del mare d'inverno di cui ha potuto godere negli ultimi giorni...







