giovedì 29 luglio 2010

Quando il lambrusco incontra il pinot nero...

Succede che il pinot nero lo trovi pure in Emilia Romagna e non te l'aspetteresti. Succede che lo trovi accoppiato al grasparossa e al sorbara con risultati sorprendenti.

Gian Matteo Vandelli: il "Senzaspinerosè", il "Robusco" e il "Lambrusco Grasparossa di Castelvetro".

Il Senzaspinerosè 2008 di Ca' Berti è blend a prevalenza pinot nero unito a un 30% di grasparossa. Le uve provengono dai vigneti con le migliori esposizioni sulle colline di Levizzano, dove i terreni sono più ghiaiosi e il microclima è meno umido. La rifermentazione in autoclave conferisce un naso fragrante di frutta e fiori con una lieve nota erbacea sullo sfondo; il  corpo è agile e scattante, il tenore alcolico si mantiene sugli undici gradi e mezzo. Solo quattromila bottiglie.

Alberto Fiorini: il "Vigna del Caso", il "Curtis in Lama" e il "Corte degli Attimi".
Il Curtis in Lama 2008 dell'azienda Fiorini, invece, è più sorbara che pinot nero: ottanta contro venti le percentuali. Un metodo charmat lungo con le due masse impegnate in due distinte vinificazioni: sette ore di macerazione per il pinot nero e appena quattro per il sorbara. Il nome è quello del podere della famiglia "Da Ganaceto" e quello che c'è dietro l'etichetta è un colore strano, a metà strada tra il rosato e il dorato, tenue e con una bella spuma nel calice. Profumi più secchi nonostante le note ben definite di fragole e rosette; e una maggiore gradazione a reggere la più accesa mineralità del vitigno dominante. Da terreni maggiormente sabbiosi. Solo diecimila bottiglie.



[foto tratte da Terre di Vite]

martedì 27 luglio 2010

Eugenio Rosi: natura + passione = marzemino

A pensarci bene, se dei bianchi ho parlato un bel po' (leggi qui), dei rossi di Terroir Vino non ho scritto nulla. E sarebbe un peccato mortale non farlo.

Prendete questi due marzemino, per esempio: una versione secca ed una passita del vitigno più diffuso nella zona meridionale della valle dell'Adige, entrambe opera di Eugenio Rosi, "viticoltore artigiano" in quel di Volano.

La mappatura dei vigneti di Eugenio Rosi

Sul senso del "viticoltore artigiano" basta filare dritti all'etichetta del "Doron", qualche riga più in giù. Non rendono forse bene l'idea quella mano colorata sul bianco e quella scritta, appena sotto, "dono della natura e della passione dell'uomo"?! Natura più passione. Passione, come quella che - a parlarci - s'accende negli occhi di Eugenio e di sua moglie Tamara (è lei che cura la grafica); la stessa passione che pare fu di Mozart, che apprezzò particolarmente il marzemino al tempo del suo primo concerto in Italia, a Rovereto.

"Poiema" Marzemino

Anzitutto il Poiema 2007, ché questo millesimo è il primo vino dell'azienda ottenuto con l'uso di soli lieviti indigeni per la fermentazione. Le uve provengono dai vigneti della "zona dei Ziresi", una delle più vocate della denominazione, a sinistra del vecchio letto del fiume Adige scendendo da Trento. Parte dell'uva (circa il 30%) viene raccolta ed appassita per qualche tempo e viene poi vinificata in botti grandi insieme con la restante parte che ha, invece, completato la maturazione in vigna. Molto luminoso il colore, rubino e anche piuttosto intenso. L'impronta del naso è dolce, allo stesso tempo selvatica: profumi di lamponi e rose rosse all'esordio, a seguire i frutti di bosco, la prugna, l'alloro e la rosa rossa, con lievi accenni di cacao. Di carattere, in bocca: gusto morbido, come i tannini, smussati dai quindici mesi in botti di rovere, ciliegio e castagno. Fresco, tredici gradi di frutto e morbidezza. Sì e no ottomila bottiglie.


E poi il Doron 2005 (Rosso dolce VdT), soltanto milleottocento bottiglie da uve stramature: denso e impenetrabile all'occhio, pieno e caldo in bocca. Costantemente elegante anche al naso, che è tutto un rincorrersi di piccoli frutti rossi e neri, di cioccolato e mallo di noce, di tabacco sul finale. Dolce il giusto - che è cosa nient'affatto scontata - per merito di quella vivace freschezza. Sorso appagante, a tratti con un che di balsamico, molto fedele alla sensazioni olfattive, soprattutto. Tredici gradi e mezzo sul groppone, tannino appena appena pronunciato. Tutto questo diciotto mesi dopo la barrique.

Lo trovate al Vinix Live! #6 del prossimo 21 agosto da Pojer&Sandri a Faedo (leggi qui).

domenica 25 luglio 2010

A tutta birraaaaaa, il ritorno

Per la gioia di luppoli, malti ed orzi [cit], torna all'Eko Cafè (Milano, via G.B. Pirelli nr. 26) una serata a tutta birraaaaaa.

In degustazione, le birre del Birrificio del Ducato, premiato come "Birrificio dell'Anno 2010": Winterlude, A.F.O., Verdi, Prima Luna e Krampus.


Quando? Martedì 27 luglio prossimo (inizio alle 20.30), con Massimo De Marco nelle vesti di timoniere a proporre inediti abbinamenti tra cibo e birre.

Costo della serata: € 28.

Per prenotare, scrivere una mail a info@lekocafe.it oppure telefonare al nr. 02/6697108 (entro lunedì 26 luglio).

venerdì 23 luglio 2010

"Nord a Sud" sul blog L'Arcante

"Nord a Sud": uno del Sud (moi) che è costretto a vivere al Nord e che prova a parlare di Nord al Sud. Anche se, in effetti, ci sarebbe tanto bisogno di Sud al Nord...

Il Simposio dei Lambruschi

Nella seconda puntata parliamo di lambrusco, cioè di lambruschi: cinque assaggi tra salamino, sorbara e grasparossa del modenese... (vai all'articolo)

mercoledì 21 luglio 2010

Aspettando #aglianicodelvulture1... Il rogito 2008, Cantine del Notaio

Non vi annoierò propinandovi le solite frasi già dette e ri-dette sul fatto che questo rosato abbia poco di quello che siamo forse tutti abituati ad immaginare. Piaccia o non piaccia, è un rosato. Punto.

Ce lo fa pensare il colore, rosato, ma nemmeno troppo se proprio devo dirla tutta; ce lo conferma la tecnica di vinificazione che contempla una brevissima macerazione sulle bucce, circa due giorni. È un rosato anche se il grado alcolico è di quelli che scottano, 14 gradi e mezzo; lo è anche se il vitigno da cui nasce è l'aglianico che sappiamo bene lì nel Vulture quali emozioni riesce a dare.


Ecco, sinceramente non credevo fosse mai stata esplorata una vinificazione rosè. E invece, a quanto pare, ci sono un paio di documenti - citati dal produttore nel suo sito - che confermerebbero la cosa. Anche per questo, la prova è encomiabile: soprattutto perchè, ipotizzando un'eventuale pressione del mercato in direzione del completamento della gamma, sarebbe stato più facile fare un rosato con qualcos'altro. Per farla breve, non è fatto tanto per.

Mi ha emozionato più in bocca che al naso, dove il legno - dodici i mesi in barriques di terzo passaggio dichiarati - si avverte di più. Per il resto, quattro mesi di affinamento in bottiglia e un naso molto elegante con i piccoli frutti rossi e l'amarena in bella vista, poi quasi  una sensazione di fragoline di bosco e - a seguire - una tenue speziatura di chiodi di garofano e un ricordo floreale.

Bouquet tipico, quindi; anche se è quando lo butti giù che non hai più dubbi: senti che è caldo, possente ma allo stesso tempo aggraziato, morbido come un buon aglianico del vulture deve essere e pure sufficientemente fresco.

Non è difficile immaginare ben altre attenzioni a tavola. Il problema, semmai, è attribuirgli un'identità: perchè se il rosato - a detta di molti - ha fatto sempre il paio con il gentilsesso, questo - così mascolino e virile - è tutta un'altra storia.




[foto tratta da http://www.appuntidigola.it/]

lunedì 19 luglio 2010

Etna Metodo Classico Noblesse Brut s.a., Benanti

La famiglia del Pietramarina produce anche queste bollicine da grappoli di carricante e di altre uve autoctone allevate alle pendici dell’Etna.

Noblesse, il nome dice tutto. Dell'aristocratico ha l'immagine in etichetta e l'eleganza che non dimentichi al naso e nemmeno in bocca. Dell'eccentrico ha l'origine d'altura: più o meno mille i metri in cima al vulcano. Del comune mortale ha, invece, quel suo essere semplice e naturale.


Ha un sorso fresco, leggero ma non facile: piace o non piace, secondo me. Mi piace per quel contrasto tra l'impronta dolciastra - di mela e fiori di campo - che giurerei di riconoscere nel vitigno prevalente, la mineralità del terroir (segnato anche dalle forti escursioni termiche) e il basso dosaggio di zuccheri che lo iscrive di diritto nella classe dei brut.

Un metodo classico, come detto, con diciotto mesi di permanenza sui lieviti.

sabato 17 luglio 2010

Lo Spigau Crociata in abbinamento ai prodotti tipici liguri

L'Eko Café&Cucina è un localino dove non sono mai stato (per adesso, si capisce...); si trova a Milano, al numero 26 di via G.B. Pirelli.

Non fosse per il giorno (che per me è proibitivo) forse forse un saltino lo avrei fatto martedi prossimo, 20 luglio. Alle ore 20.30, infatti, è in programma una verticale di cinque annate dello Spigau Crociata dell'azienda Le Rocche del Gatto, con tanto di prodotti tipici liguri in abbinamento: 2006, 2005, 2004, 2003 e 2000 - questi i millesimi - preceduti dall'assaggio del pigato "base" annata 2009.


La serata promette bene. Da parte mia, per farvi riscaldare, vi ri-propongo il post in cui ho recentemente parlato di questo pigato in purezza, millesimo 2004 (vai). Con la speranza di trovare presto il tempo per rievocare le tre verticali che mi sono già sparato tra Sorgente di VinoTutti i colori del Bianco e Terroir Vino.

Costo della serata € 25.

Per prenotare, scrivere una mail a info@lekocafe.it o telefonare al nr. 02/6697108 (entro il pomeriggio del giorno precedente).

venerdì 16 luglio 2010

Rossese Style: la seconda edizione il 17 luglio in Liguria

Per quello che ho saputo l'edizione dello scorso anno è stata un successo. Io non c'ero e purtroppo non ci sarò nemmeno quest'anno: rimarrò inchiodato a Milano anche questo week-end, il che non è affatto bello con quest'afa che c'è in giro...

Se a qualcuno interessa, però, consiglio caldamente, anzi frescamente, per domani 17 luglio di fare un salto sulle alture di Bajardo dove si svolge Rossese Style. Protagonista della manifestazione sarà naturalmente il rossese, tipico vitigno a bacca rossa della Liguria (che sommato a Dolceacqua - borgo in provincia di Imperia - fa' esattamente rossese di dolceacqua, una denominazioni più interessanti della regione).


La formula è la stessa: una degustazione alla cieca delle due ultime annate di rossese. Quest'anno, però, ci saranno anche quelli della riviera ligure di Ponente.

Date un'occhiata qui per vedere l'elenco dei produttori, tra i quali spicca Maurizio Anfosso di Kà Mancine che produce un certo rossese di cui ho già parlato in questo post dedicato alla Liguria pubblicato sul blog L'Arcante del bravo Angelo Di Costanzo (leggi l'articolo).




[foto tratta da http://www.vinoglocal.it/]

giovedì 15 luglio 2010

Fiano di Avellino 2006, Guido Marsella

C'è una cosa che non mi piace e ve la dico subito così mi tolgo il pensiero. Si tratta di quella parolina che si insinua in etichetta, appena sotto il nome di Guido Marsella: winemaker. Non ci posso far nulla, non mi piace, non mi piace e non mi piace.

Nessuna intolleranza agli stranierismi, anzi. Prova ne sia il debole che ho per la musicalità del termine francese vigneron. Soltanto semplice antipatia per l'idea di "costruito" che mi pare vi affiori in genere (ma non è questo il caso), finendo forse con lo stonare con quell'immagine così naturale e passionale della mano, più sotto ancora in etichetta, che stringe con forza il grappolo.

Roba di poco conto, sia chiaro: anche perchè il pensiero mi ha solo sfiorato e ha lasciato spazio a ben altre preoccupazioni, del tipo ma forse dovevo aspettare ancora prima di tirargli il collo oppure caspita, era l'ultima bottiglia che avevo.


Mi piace assai, al contrario, che questo sia l'unico vino dell'azienda, cosa molto rara al Sud; e mi piace pure quella bottiglia un po' più allungata e snella rispetto a quella solitamente utilizzata in zona. Mi piace, soprattutto, per quello che è: una lodevole espressione di un grande vitigno. 

Difficile non innamorarsi di un vino così.
Per il colore: paglierino e lucente, sicuro di sè. Per il suo adagiarsi lento sulle pareti del calice.
Per i profumi, eleganti e complessi, caratterizzati dalle ben evidenti note fumè del terroir più in altura della denominazione (circa 600 metri d'altitudine) e da quelle più suadenti di frutta e nocciola.
Per il gusto, ancor più: teso, tagliente, sapido, che ti prende con quell'affumicatura sempre in bilico tra il primo e il secondo piano. Per quel sorso che si concede con estrema naturalezza, generoso e senza fronzoli, che rimane in bocca a lungo. Per quel finale, così vero.

Questo è quanto.
Regalo di Alessandro Russo al termine di una giornata trascorsa insieme in giro per vigne in costiera, conclusasi con l'ottima pizza e lo spettacolare assaggio di provolone del monaco al suo ristorante Le Tre Arcate di Piano di Sorrento.

mercoledì 14 luglio 2010

Falanghina Felix: "Il Giallo della Campania"

La IX edizione di Falanghina Felix, la rassegna regionale dei vini da uve falanghina, si svolgerà sabato 17 e domenica 18 luglio prossimi nel borgo di Sant'Agata dei Goti (bandiera arancione Touring Club).

Cambia il periodo, quindi; e anche la formula che quest'anno riserverà maggiore attenzione alla stampa e agli operatori del settore che potranno accedere a una sala degustazione professionale appositamente predisposta.


Il programma della manifestazione è molto ricco (puoi consultarlo qui) e prevede, tra l'altro, due "teatri di degustazione" dedicati alle alici di Menaica e al carciofo bianco di Pertosa.

Puoi leggere qui l'elenco delle aziende partecipanti.

Informazioni e accrediti:

Segreteria organizzativa
Valisannio
tel. +39 0824/300410
fax +39 0824/300233
felix@falanghinafelix.it

Organizzazione espositiva
Pro Loco di Sant'Agata dei Goti
tel. 0823/953623
fax 0823/953623
cell. 338/9238541

Ufficio Stampa e relazioni media
Pasquale Carlo
cell. +39 329/7333423

venerdì 9 luglio 2010

Asolo Prosecco Colfòndo, Bele Casel

Il sottoscritto prosecco mi piace. E pure assai. Di Asolo, intanto. Che è la nuova denominazione adottata con la DOCG al posto di quella che parlava del Montello e dei Colli Asolani, colline a sud di Valdobbiadene.
Mi piace perché é diverso, austero e metallico.


Diverso. Sia chiaro, tra virgolette; diverso da quello che fin ora è stato per me il prosecco. Ignorante come non potrò mai fare a meno di essere non avrei manco immaginato potesse esistere un'intepretazione così, con i lieviti naturali a innescare la rifermentazione in bottiglia, caratterizzando così un prodotto che poco ha a che vedere con quello della Valdobbiadene. Lieviti sul fondo, sur lies o più semplicemente colfòndo; rifermentazione naturale in bottiglia invece che quella solita in autoclave.

Austero. L'ho detto: ha poco dei prosecco che ho conosciuto. Parlo del colore, giallo torbidino e poco lucente, accattivante e misterioso, non esattamente definibile nelle sue sfumature. Parlo della spuma, più copiosa e persistente. Parlo del gusto, secco, deciso, nient'affatto banale. Duro e appagante, con il palato chiamato a fare in fretta il suo dovere onde non poter godere appieno delle belle sfumature agrumate e dell'ammandorlato in chiusura.

Metallico. Ferroso, direi. Sensazione forse accentuata dal dosaggio zero. Bontà anche di un terroir caratterizzato da una massiccia composizione argillosa.

Per questo mi piace il col-fòndo. O meglio col-fòndo-bucato, perché a me la bottiglia è andata via in un battibaleno, quasi senza che me ne accorgessi. E non chiedetemi quanti eurini bisogna sborsare perchè vi risponderei 'esattamente una bottiglia'.
Tanto è costata davvero a me: potenza del #barattowineday (ne ho parlato qui).

giovedì 8 luglio 2010

Doro Princic: friulano e sauvignon

Di Princic è pieno il Friuli e ce ne sono un paio che producono dei #vinidellamadonna. Tra questi, uno che in etichetta si legge Doro ma che, in realtà, si chiama Sandro: bassino e un po' panciuto, mani grandi e folti baffoni grigiastri, uomo di poche parole ma sincero, come i suoi vini (nella foto è con Alessio D'Alberto).


C'era anche lui per la tappa milanese di SuperWhites, l'evento firmato Slow Food che nel 2010 ha spento le prime dieci candeline. Stavolta, però, mancavano la malvasia e il pinot bianco; c'erano "solo" (si fa per dire...) il sauvignon e il friulano. Diversi, eppure gli stessi di sempre per territorialità, coerenza, espressività e naturalezza. Due campioni da vasca, freschi freschi d'annata 2009, con tanto di etichetta fai-da-te che avrebbe scoraggiato persino il più normale tra gli enofighetti che affollavano le sale del Four Seasons.

Il primo chiamatelo come vi pare: friulano o tocai. Tanta roba, anche se - rispetto al sauvignon - era forse quello meno in forma per l'uscita anticipata dalla vasca. Al naso, inizialmente un po' sulle sue; e soprattutto in termini di equilibrio al palato, dove prevaleva quella graffiante acidità che pur gli consentiva di proporsi sempre vivo e brioso. Della serie che quando sarà grande... 

Il sauvignon, invece, le ossa se l'era già fatte: già pronto, meravigliosamente elegante in quelle sue note di pesca bianca e sambuco, nitide, con la discreta salinità a chiudere il cerchio. E fresco, pur con le difficoltà di un'annata che aveva fatto segnare un anticipo di circa 20-25 giorni sulla vendemmia (iniziata subito dopo ferragosto).

Li porti a casa (se ne trovi ancora...) per 12 euro ognuno. Amen.

mercoledì 7 luglio 2010

Aspettando #aglianicodelvulture1... Eleano 2004

Mentre continuano a ritmo serrato le selezioni dei brani per la #compilescion del viaggio che ci condurrà il prossimo 4 agosto in quel di Melfi, ospiti di Sara Carbone, già fremo al solo pensiero di #aglianicodelvulture1.

Primo. Non sono mai stato in Basilicata se non una volta, da piccolo, per un campo estivo ad Acerenza. Detto tra parentesi, mi credete se vi dico che io ancora me lo ricordo il pane di grano duro che facevano lì?! Uno spettacolo!
Secondo. Da quello che si dice in giro già solo la cena in programma il 5 agosto all'Antica Osteria Marconi dello chef Franco Rizzuti varrebbe il viaggio. E poi c'è tutto il resto...
Terzo. Non è per dire ma tra i miei vini del cuore l'aglianico del vulture ci sta che è una bellezza. Sono campano, c'ho il sangue d'aglianico e potrei tessere infinite lodi dei rossi che vi si ottengono dalle mie parti. Eppure per quello del vulture ho sempre avuto un debole, incantato da quell'innata eleganza che lo rende così "diverso" dall'aglianico amaro del Sannio e da quello più minerale e austero di Taurasi, che pure entrambi amo.


Il merito di quest'incontro è tutto di Luciano Pignataro e Mauro Erro che presentarono l'azienda Eleano al Primo Festival Meridionale delle Piccole Vigne celebratosi a Castelvenere nell'agosto scorso; festival che ha avuto poi un seguito nel Vulture nemmeno un paio di mesi fa e proprio da Sara Carbone. Ma io alla seconda tappa non c'ero e non mi rimane che rievocare l'assaggio di un anno fa - fantastico nonostante le temperature tropicali - e quelli che sono venuti dopo. Due, per la precisione. L'Eleano 2004 c'è finito altre due volte sulla mia tavola. E quattro bottiglie della stessa annata giacciono ancora beate nella mia cantina (la speranza è di resistere ancora a lungo prima di tirargli il collo).

Sarà forse solo questione di assonanze ma "Eleano" - che in realtà è una distorsione di “ellenico” - a me ricorda molto il leit motif di tutto l'assaggio: l'eleganza. Il nome del  cru è anche quello dell'azienda (oggi condotta da Rino Grieco, dalla figlia Francesca e da Alfredo Cordisco) che da poco più di dieci anni ha ripreso la coltivazione dei cinque ettari di vigneti in località Pian dell’Altare, a un’altitudine di circa 600 metri sul livello del mare e su terreni vulcanici.

Il naso iniziale di grafite è uno spettacolo: elegantissimi i toni di prugna, cioccolato, pepe nero e quelle note di sottobosco, di rabarbaro e tabacco che promanano dal calice radioso e trasparente d'un rubino piuttosto intenso. E poi, sullo sfondo, quel ricordo di balsamico, quasi mentolato che si insinua timidamente tra le dolci sfumature di spezie. Stesso discorso in bocca dove il sorso è pieno ma non pesante, morbido e sensuale, ancora fresco e con una bella vena sapido-minerale, col tannino che c'è ma è ben calibrato. Da uve sottoposte a macerazione per circa 30 giorni a temperatura controllata di 20-22 gradi. Ventiquattro mesi di tonneau e poi sei/otto mesi in bottiglia.

Ha tutto quello che posso chiedere a un aglianico del vulture: complessità, eleganza, struttura. Cosa volere di più? Berlo ancora, tra qualche tempo, magari ancora con quel fegato di maiale alla brace arrotolato con lardo e qualche fettina di alloro.

martedì 6 luglio 2010

Cose da bere il 7 giugno

Vi segnalo due cosuccie per domani mercoledì 7 luglio.

Dalle 17 alle 20, presso l'Enoteca Bottega dell'Arte e del Vino (via Gustavo Fara nr. 25 - tel. 02/6697596), per il ciclo "La degustazione del mese" sarà possibile assaggiare "Il Rogito" de La Cantina del Notaio, una delle più belle realtà vinicole del Vulture.

Dalle ore 18 alle 22.30, invece, degustazione delle bollicine di franciacorta dell'azienda Il Mosnel presso La Salumeria del Vino (via Raffaello Sanzio nr. 4 - tel. 02/36534945) con il concerto dal vivo del Danaz Jazz Trio.

Mi trovate lì.

lunedì 5 luglio 2010

La mia prima maratona (della birra)

Difficile, anzi difficilissimo parlare di birra per me che non ho mai avuto una seria attrazione nei confronti del mondo brassicolo e che a stento conosco la differenza tra lager e ale, con una netta preferenza per le prime, a bassa fermentazione.

«La birra non si beve, si tracanna»: ancora me le ricordo le parole con cui il buon Gianni Chiodetto si accingeva ad iniziare alla birra quel manipolo di giovani e vecchi aspiranti sommeliers. Parole semplici, immediate, più sensate di quanto non possano sembrare: perchè se la birra si riscalda perde -in gran parte dei casi- molte delle sue caratteristiche, compromettendone l'assaggio.


Mosso dalla speranza di capirci qualcosa, ho pensato bene di tralasciare la teoria e cominciare con la pratica. Per questo ho fatto una puntatina all'Hop, sabato scorso, per quella che si può dire è stata la prima maratona della mia vita. Nessuna corsa, parlo della "maratona della birra" che il noto locale milanese ha organizzato per i primi dieci anni di vita (ne avevo già parlato qui).

Data la pochezza delle mie conoscenze, mi limito giusto a qualche impressione sugli assaggi condivisi con @kiainga, lorenzo e alessia. Tutta birra artigianale, non pastorizzata, senza aggiunta di conservanti e rifermentata in bottiglia. Tra un bicchiere e l'altro, approfittando delle dritte di @tirebouchon, le abbiamo provate quasi tutte...


D'accordo con @kiainga: l'assaggio più emozionante è stato "Porpora", la rossa special del Birrificio Lambrate. Il perchè del nome non è difficile intuirlo dalla foto che vedete sopra: il colore. Bello, porpora appunto, a metà strada tra chiaro e scuro. Pieno il sorso, che apre sul ciliegioso e sui toni caramellati, poi chiude con l'amarognolo, come piace a me.


Amarognolo, come il finale della "Tipopils" del Birrificio Italiano (nella foto sopra, a sinistra): chiara, meno aromatica e -se vogliamo- forse meno complessa rispetto alla "Porpora"; ma come lei una di quelle birre che berresti a fusti tanto è dissetante.


Non proprio nelle mie corde la "Shangri-la"del Birrificio Troll (nella foto sopra è quella di destra), speziata di cannella, una punta esotica e un'altra indiana. L'altra (quella a sinistra) è, invece, la Triplexxx del Birrificio Croce di Malta, più dolciastra come approccio, con un finale agrumato.

Nessuna #lambic. Ma non mancherà tempo...



[Le foto sono tutte di @kiainga]

sabato 3 luglio 2010

Le dieci candeline del birrificio HOP

Per festeggiare i dieci anni di attività, il birrificio HOP di Milano (viale Regina Margherita nr. 4) organizza oggi e domani 4 luglio (orario continuato dalle 15 alle 2) una "maratona" di degustazione di birre artigianali.

Solo e soltanto birre crude e artigianali, naturali (che non subiscono -cioè- processi di pastorizzazione) e senza conservanti, i cui unici ingredienti sono acqua, malto, lieviti, luppoli e -per quanto riguarda le birre in stile belga- anche frutta e spezie. 


Queste sono solo alcune delle birre tracannabili: Lambrate, TipoPils, Black-Mamba, Shangri-La, Febbre Alta, Montestella, Sant'Ambroeus, Salt-in-Malto, Artigian-Ale, Extra-Hop, Jehol, Isaac, SuperBaladin, Ligera, Ghisa, Domm, Panada,Triplex, Nora, Magnus, Acerbus, Magutt. La birra piccola costa € 3.50, la media € 5.00.

Attivo, naturalmente, anche il servizio cucina con panini, piadine, bruschette, piatti unici piatti di wurstel, spezzatino alla Ghisa (birra nera affumicata) e piatti veggy.


 
 
[La foto è tratta da internet]

venerdì 2 luglio 2010

M-Day il 5 luglio

Non so se si siano messi d'accordo, fatto è che il 5 luglio prossimo a Milano si celebra involontariamente il primo M-Day (il nome glielo do' io...).
 
Si comincia con GoWine che presso il Westin Palace Hotel organizza una serata "sotto lo stelle" dedicata ai Moscato d'Italia e del mondo. Dalle 18 alle 22 sarà possibile degustare i moscato delle aziende presenti (vedi dettaglio evento) e una selezione di oltre 50 vini moscato dalla Valle d’Aosta fino all'isola di Pantelleria nonchè da Austria, Francia, Grecia e Spagna (Gelber Muskateller, Muscat d’Alsace, Muscat di Frontignan, Muscat de Beaumes-de-Venise, Moscato di Limnos, Moscato di Samos, Muscat di Segal’s, Moscatel de Setùbal, Moscatel de la Marina.
Costo € 13 (€ 12 per i soci Ais, Fisar, Onav - € 10 per i soci Go Wine).


Si prosegue all'ONAV che presso la sede della delegazione di Milano (via Termopili nr. 12) propone un incontro su "I tanti volti dell'Asti: gli spumanti, il 'tappo raso', ma anche il moscato secco e il passito" con inizio alle ore 21.
Costo € 10 per i soci e € 20 per i non soci.
Per iscriversi clicca qui.
 
 
 
 
[La foto è tratta dal sito di GoWine]