Come non amare questo pigato dorato e lucente. Soprattutto ora che ha già qualche annetto sulle spalle.
Il nome parla da solo: Spigau, cioè pigau (pigato in ligure) con la 's' anteposta a mò di negazione; Crociata, suggestivo riferimento alla personale battaglia di Fausto De Andreis, vigneron in quel di Albenga, contro l'omogazione del pigato e il ritorno a una vinificazione di tradizione.
E pure l'etichetta, che da qualche anno è cambiata, non più bianca ma nera e opaca. Vino da Tavola, come sempre (perciò non c'è l'indicazione dell'annata). Lo è da quando fu bocciato all'esame della DOC per via di una struttura e di una complessità ritenute eccessive, dono di una macerazione lenta e prolungata sulle bucce, che invece erano fortemente volute.
Nel mio caso, il lotto di produzione è 13/2004. Ben sei anni, dunque. Non pochi. Nemmeno troppi a pensarci bene, visto che avrebbe ancora parecchio da dire. Un primo naso tagliente, tutto mineralità, odori resinosi e gommosi. Una mineralità "marina", sempre accesa, anche quando dal fondale cominciano ad emergere i profumi di pesca matura e di erbe aromatiche.
Un sorso teso, con la salinità sempre in primo piano e gli stessi ricordi di resina e miele amaro, lenti a scomparire nel bicchiere ormai vuoto e nella bocca già pronta a un nuovo assaggio. Palpitante, un vino che ti prende e ti porta via. Che puoi prendere, con pochi euro, e portare via. Come ho fatto io.
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