“Dimenticare una bottiglia in cantina” è espressione molto comune nel gergo dei degustatori o degli appassionati di vino in genere; la si usa di frequente per invitare qualcuno a “lasciare di proposito” una bottiglia in cantina – e in questo sta l'uso (oserei dire) improprio del verbo "dimenticare" – per conservarla uno, due o più anni, nella convinzione (o nella speranza) che la bevuta possa regalare più forti emozioni a distanza di qualche tempo. In pratica, l'accezione del verbo "dimenticare" è per certi versi difforme dalle due in uso nella nostra lingua: -uno, perdere la memoria di una cosa o non ricordare; -due, passare sopra a qualcosa o non darle peso [fonte Conciso della Treccani].
Nel mio caso, parlando di questa falanghina millesimo 2007, l’espressione più adatta è "dimenticarsi di avere una bottiglia in cantina". Ché questa bottiglia - io - l'ho dimenticata davvero in cantina; e assolutamente non di proposito.
Ne avevo comprate giusto giusto due casse, un paio di anni fa, credo. Su internet, sul sito de La Compagnia del Cavatappi. Nemmeno per me, a dirla tutta; o almeno, inizialmente. Perché poi, visto il prezzo particolarmente vantaggioso, alle 6 che avevo comprato su richiesta di un amico, se ne erano aggiunte altre 6 per me. Niente di meglio nelle sere d’estate che un bel bianco da battaglia, da bere freddo a casa o con gli amici.
Delle 6 bottiglie che ho ricevuto comodamente a casa, 3 risultavano "disperse" in cantina fino a qualche giorno fa, quando le ho ritrovate. Non solo, a una gli ho tirato pure il collo (cit).
Ne avevo comprate giusto giusto due casse, un paio di anni fa, credo. Su internet, sul sito de La Compagnia del Cavatappi. Nemmeno per me, a dirla tutta; o almeno, inizialmente. Perché poi, visto il prezzo particolarmente vantaggioso, alle 6 che avevo comprato su richiesta di un amico, se ne erano aggiunte altre 6 per me. Niente di meglio nelle sere d’estate che un bel bianco da battaglia, da bere freddo a casa o con gli amici.
Delle 6 bottiglie che ho ricevuto comodamente a casa, 3 risultavano "disperse" in cantina fino a qualche giorno fa, quando le ho ritrovate. Non solo, a una gli ho tirato pure il collo (cit).
Villa Matilde è azienda affermata anche oltre i confini della Campania e produce circa 700mila bottiglie l'anno. Tra le diverse tenute di proprietà della famiglia Avallone ve n’è una nella mia provincia (che stando a quello che si legge sul sito internet si troverebbe tra Foglianise e Torrecuso): la Tenuta Rocca dei Leoni. Da qui arrivano due etichette di aglianico e, appunto, questa falanghina in purezza.
A distanza di tre anni il colore paglierino risulta particolarmente intenso e non mostra alcun segno di cedimento, nessuna ossidazione (e non che la reputi un difetto). Profumi eleganti e mediamente intensi, di una certa tipicità: le note di frutta, in primo piano; e, a seguire, i fiori bianchi e la salvia. Sorso secco che entra abbastanza morbido e si apre, poi, regalando più freschezza che sapidità. Poco meno che caldo (il grado alcolico si ferma ai 12 gradi e mezzo) e magari non lunghissimo come persistenza, ecco.
Una discreta boccia, insomma. Ché pianti, poi, il portafogli non ne ha fatti. Soprattutto, una bevuta significativa: un'ulteriore riprova, se mai ce ne fosse ancora bisogno, che la falanghina è vitigno che ben può invecchiare. C'è soltanto bisogno di crederci. Tutti. Produttori, ristoratori e consumatori.
Crederci. A quello che vi ho raccontato.
Crederci. A quello che vi ho raccontato.
Nessun commento:
Posta un commento