Avevo le idee chiare quando l'ho comprato un mese e mezzo fa a Terre di Vite (leggi qui). Direttamente dalle mani del simpaticissimo Augusto, figlio del compianto Baldo Cappellano e oggi impegnato a tutto tondo nella conduzione della storica azienda di famiglia, in quel di Serralunga d'Alba.
Sapevo già quando, come e perché l'avrei bevuto. In pratica, di lì in poi è stato tutto un countdown fino allo scoccare dell'ora ics: il pranzo di Natale. O meglio, a fine pasto, quando il panettone era già bello che scomparso dalla tavola e si era materializzato il solito vassoietto con i dolci della tradizione campana: il divinamore, il roccocò e poi lui, quel dolce semplice e spettacolare che è il mustacciuolo ricoperto di cioccolato fondente.
Il Barolo Chinato di Cappellano |
Il naso è stratosferico; ma è in bocca che le cose si fanno ancor più stupefacenti se si pensa che il sorso - che pur deve fare i conti coi diciotto e passa gradi d'alcol - non perde mai leggiadria e non è mai pesante, ecco. Eppoi è elegantissimo, d'una finezza che è compostezza, pulizia e austerità. Che sono poi i tratti essenziali del lungo ricordo che si stampa sul palato, con la radice di liquirizia che si affaccia man mano che svaniscono le spezie.
Insomma, un must.
Insomma, un must.
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