sabato 4 dicembre 2010

Volastra e le Cinque Terre: i vini di Luciano Capellini

Dello sciacchetrà di Luciano Capellini avevo già parlato nella rubrica "Nord a Sud" che curavo sul blog L'Arcante. L'avevo assaggiato per la prima volta in occasione di una degustazione condotta da Antonello Maietta, di cui potete leggere il resoconto integrale qui.

Luciano Capellini (a destra) ed io a Terre di Vite
Ecco il pezzo che riguarda lo sciaccatras:


Avendo già assaggiato, in passato, il suo Cinque Terre secco, mi aspettavo grandi cose dallo Sciacchetrà di Luciano Capellini, anche lui come me attivo su Vinix. Alla fine le aspettative non sono state tradite: un vino di grande, grandissima tipicità. Peccato per i numeri (non più di un migliaio le bottiglie prodotte) e per il prezzo, che è di circa 60 euro. Certo giustificato, visto che lì nelle Cinque Terre i vignerons – oltre che con madre natura – devono fare quotidianamente i conti con un territorio difficile, con i cinghiali e con i turisti. L’uvaggio è simile a quello del Cinque Terre secco: prevale – però – il bosco (90%), con vermentino e albarola a spartirsi equamente il restante 10%. Lasciando da parte il vermentino, di cui già s’è detto, il primo ha grappolo spargolo e buccia spessa, mentre il terzo (che nel Tigullio è conosciuto con il nome di bianchetta genovese per via della tenue pigmentazione della buccia) ha molta acidità. Tutti e tre i vitigni hanno diverse epoche di maturazione; il che costringe ad allevarli a diverse altitudini per portarli a maturazione più o meno nello stesso periodo. Le uve, raccolte in anticipo rispetto a quelle utilizzate per il bianco secco, vengono messe ad appassire sui graticci per due/tre mesi prima di essere pigiate – a novembre inoltrato, talvolta anche dicembre – con macerazione di circa 20 giorni. Il colore ambrato, quello sì, sembra tradire la giovane età. Profuma di albicocca disidratata, agrumi canditi, fichi secchi, datteri, rosmarino e miele. In bocca conserva le doti di innata eleganza dell’olfatto, con un sorso dolce ma non pesante grazie alla salinità del terroir, bello caldo e rispondente. Chiude lungo, con un finale leggermente amarognolo tutt’altro che fastidioso. Potente (per i suoi 14 gradi e mezzo), allo stesso tempo snello e di grande naturalezza.

Si trattava di una bella panoramica organizzata dalla delegazione AIS di Milano, dall'eloquente titolo "LiguriadAmare". E in effetti, la Liguria io l'amo. E amo i suoi vini, come ho già detto e ridetto proprio nel post che citavo sopra. In particolare, amo i bianchi delle Cinque Terre, a mio avviso tra i più interessanti dell'intera produzione italiana. Anche se poi, ed è un vero peccato, non è proprio facilissimo reperirli sullo scaffale oltre i confini della Liguria. Un peccato, dicevo, perché sanno stare bene a tavola.

Il Cinque Terre 2009
Poco altro da aggiungere sulla bottiglia nr. 949 dello Sciacchetrà 2007 assaggiata a Terre di Vite (leggi qui il mio post sul sito di Luciano Pignataro), che ho trovato, oltretutto, in costante evoluzione. Spendo, invece, volentieri due parole sulla bottiglia nr. 3856 del Cinque Terre 2009, un piccolo gioiello dai profumi intensi ed eleganti, di agrumi e macchia mediterranea, di felce e frutta a polpa bianca, di sale e mare. Lo guardi nel calice, lo bevi e ti immagini la costa e il mar Tirreno. Si esalta e esalta i piatti della tradizione marinara e ligure in particolare; ti esalta perché in bocca il suo ricordo rimane a lungo. Piccoli numeri (soltanto 4470 bottiglie) ma grande risultato: un vino hd, ad alta definizione, snello e lineare, fresco e tagliente. Vinificato come tradizione vuole solo in acciaio (dopo la diraspatura, macerazione pre-fermentativa a freddo per 18-20 ore), ha tutte le carte in regola per sfidare il tempo.

Lo sciacchetrà e - sullo sfondo - il vin de gussa
Ma non è tutto: la cantina che un tempo era di nonno Bernardo - conosciuta in zona come la "cantina der vin bun" o "Casata dei Beghee" (che poi era il soprannome del bisnonno) - produce anche il Vin de Gussa. Il nome stesso parla chiaro: è un bianco che viene storicamente lavorato a mò di ripasso sulle uve dello sciacchetrà. Da questo eredita sfumature più intense del colore, un sapore abboccato e i profumi tipici del vino dolce simbolo delle Cinque Terre.




[Le foto sono di Chiara Giovoni]

2 commenti:

Felipegonzales ha detto...

Anch'io ho un buon ricordo di questo vino, ma si fatica a trovarlo in enoteca dalle mie parti.

Alessandro Marra ha detto...

Per me che vivo a Milano, in realtà, sarebbe anche un'ottima scusa per fare un salto in cantina ;-)