martedì 31 agosto 2010

Ciro Picariello: Fiano di Avellino in verticale

Il fiano di Picariello corrisponde perfettamente all'identikit del fiano-che-mi-piace (cit. Mauro Mattei su Intravino). Direi per la mineralità tagliente e la capacità di sfidare il tempo, che sono poi le cose che più mi affascinano di certi vini bianchi.

Ho sempre pensato che la fortuna di poter "vivere" la verticale di un vino stia soprattutto nel fatto di poter osservare l'incidenza del tempo, nel duplice senso di "attesa" e di "andamento stagionale", e - quindi - una certa evoluzione. E ciò è tanto più vero se si parla di un vitigno come il fiano che invecchia e pure bene. Ecco perchè quando a Vinitaly - grazie all'amico Giuseppe Sonzogni di Enoteca Vintage - mi si è presentata l'opportunità di degustare in verticale tutte le annate prodotte, alla presenza di Ciro Picariello, non ho saputo e potuto dir di no.

Rita e Ciro Picariello (foto di Alessio D'Alberto)
Hanno avuto coraggio, Ciro e sua moglie; e ne hanno ancora a resistere alle pressanti richieste del mercato di vini bianchi d'annata: il loro fiano di Avellino - e questa è cosa che mi piace - esce almeno un anno dopo la vendemmia (un anno e mezzo, fino a poco tempo fa). L'azienda è piccolina: con le produzioni di aglianico e sciascinoso - cui se n'è aggiunta di recente una modesta di greco di Tufo - si arriva a stento alle 50mila bottiglie. Dei 7 ettari di proprietà ben 5 sono vitati a fiano e si trovano nei comuni di Summonte e Montefredane, a 650 metri d'altitudine, lì dove il clima è ventilato ed è segnato dalle notevoli escursioni termiche.

Il fiano è vitigno piuttosto rigoroso - «anche troppo» dice Ciro - e rende necessario un attento lavoro di potatura. La resa per ettaro non supera mai gli 80 quintali e la pressatura è soffice. Per il fiano  di Avellino docg viene utilizzata soltanto la prima spremitura; le altre confluiscono nel fiano Irpinia doc. Prima della fermentazione - che dura una sessantina di giorni a temperatura controllata tra i 12 e i 15 gradi - vengono aggiunti circa 3 grammi di solforosa; dopo la prima fermentazione, il vino viene travasato in acciaio, dove rimane 10/12 mesi a contatto con le fecce fini. Prima dell'imbottigliamento, decantazione statica a freddo e nessuna filtrazione.

Fiano e terroir.
A detta di molti e ben più autorevoli degustatori, la 2008 è annata da tenere in grande considerazione un po' per tutti i bianchi campani; e specie per il fiano, forse il migliore di sempre per Picariello. Almeno stando alle premesse. La sensazione è quella di un'eleganza più compiuta, soprattutto al naso: alle sensazioni minerali del terroir si affiancano, infatti, note fruttate a più alta definizione. I 13.7 gradi di alcool fanno egregiamente da contropeso ad un'acidità vibrante (6.8); il finale di bocca è assai lungo, sapido, direi molto sapido. Niente da dire: bravo chi c'ha visto lungo e si è messo da parte un po' delle 20mila bottiglie prodotte.

Nel 2007 cambiano le tonalità di colore (che sono più intense), le note di frutta (riconducibili a una pera decisamente più matura) e pure il tenore alcolico (sceso a 13 gradi, nonostante Ciro parli di un'annata piuttosto calda con un lieve anticipo sui tempi della vendemmia, celebrata tra il 16 e il 18 ottobre); uguali - invece - l'acidità e le inconfondibili sensazioni fumé che sono il tratto distintivo dell'areale di Summonte, via via più soffuse a tutto beneficio del frutto. Finale lungo e bello salato, come piace a me; produzione complessiva di 23mila bottiglie. 

Pur avendo la fama di millesimo non proprio fortunatissimo, il 2006 mi è piaciuto moltissimo. Trovo, anzi, che quell'idea di fruttato più tratteggiata non sia un difetto, almeno per me che gioisco al sopraggiungere della mineralità che, anche per il frutto più diluito, è forse maggiormente percepita. Colore a parte (in viaggio verso orizzonti dorati), è il naso a dare un'idea di maggiore maturità, concedendo bei sentori di pesca gialla e di biancospino. Il mezzo grado d'alcool in più rispetto al 2007 aiuta, e non poco. 15mila bottiglie.

I vini di Ciro Picariello. Sull'etichetta del fiano la "tammurriata" (foto di Alessio D'Alberto)
Cos'ha in più il 2005? Bè, di sicuro un impatto più avvolgente. Al naso, sì. Ma ancor di più in bocca dove assume tratti caratteristici di una certa balsamicità. Magari il sorso è meno pieno e anche un pochino meno caldo, ma si tratta pur sempre di una bevuta soddisfacente e appagante.

Il 2004 è l'esordio sul mercato: l'azienda di Ciro nasce proprio in questo millesimo, in risposta all'abbattimento del prezzo delle uve. Una bella prova per un bianco che mi sembra sia "venuto su" bene. L'attacco è sulle note di frutta matura ma sono le sfaccettature della mineralità a colpire per intensità e prodondità. Beva assolutamente fresca (si noti che l'acidità misura 7.10), decisa e sapida, ben contrastata dai 14.4 gradi di alcool. Il naso è forse appena chiuso all'inizio (e ci può stare) ma quello che arriva dopo vale l'attesa.

C'è stato anche il tempo di assaggiare in anteprima il Greco di Tufo 2009 (nella foto sopra, il primo da sinistra) prodotto con le uve provenienti da un piccolo vigneto di appena 5mila metri situato a Montefredane: molto citrino e agrumato, elegante ma ancora un po' acerbo, molto rispondente in bocca ma - detto in tutta onestà - non certo il pezzo forte di Ciro e sua moglie Rita.

Il fiano, però, sia pur con le diverse caratteristiche dell'annata, è tutta un'altra storia! Il prezzo, poi, quello è piccolo piccolo.

6 commenti:

Lcdp ha detto...

Sono orgoglioso di rappresentare i suoi vini... Bravo Ciro!!

Alessandro Marra ha detto...

Bravi anche voi allora... ;-)

Lcdp ha detto...

@ Alessandro: scegliere e commercializzarre è molto meno difficile e coraggioso di produrre ; )

Alessandro Marra ha detto...

Di sicuro! ;-)
Ci sarà anche lui il 6?

Lcdp ha detto...

Ciro purtroppo al 90% non ci sarà , preso dalla vigna e dall'imminente vendemmia... Ci saranno 4 suoi vini :
Fiano d'Avellino '05
Fiano d'Avellino '08
Campania Rosso '09
Aglianico '07

E tu ci verrai?

Alessandro Marra ha detto...

Sì, dovrei esserci! ;-)